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Treno e Cinema, percorsi paralleli – Totò a colori, lo spietato viaggiatore in borghese

Totò a colori, anno 1952, è il primo film a colori del cinema italiano, e forse anche il più eclatante esempio di comicità ferroviaria nazionale.  Diretto da Steno (Stefano Vanzina), e sceneggiato dallo stesso regista insieme a Monicelli, Age e Scarpelli,  il film racconta le avventure dello stravagante e a suo dire incompreso compositore napoletano Antonio Scannagatta, deciso a proporre una sua sinfonia all’editore milanese Tiscordi. La storia, va da sé, è cucita a perfezione sulle caratteristiche comiche di Totò, all’epoca non già solo applaudito mattatore delle riviste di maggior successo, ma anche affermato personaggio dello schermo con all’attivo ben ventiquattro titoli cinematografici. E il principe De Curtis, critica a parte, non deluderà né la produzione né il pubblico esibendosi in gag in gran parte destinate a diventare celebri.

Tra queste, naturalmente, quelle del vagone letto, poi ripresa anche nel successivo Totò a Parigi.

La situazione è quella di un viaggio notturno in cui due sconosciuti devono condividere l’angusto spazio dello scompartimento di una vettura-letto; l’impianto narrativo è tipicamente teatrale, con il treno che si sostituisce al palcoscenico.

Da un lato, dunque, un set alquanto angusto, che non consente movimenti di macchina e limita quelli degli attori e, dall’altro, un’azione scenica che, basandosi prevalentemente sulle gag verbali, non ha bisogno di ricorrere a particolari forme di scrittura cinematografica. Nelle scene in cui si sviluppa il duetto Scannagatta–onorevole Trombetta (quest’ultimo interpretato da Mario Castellani), anche la struttura recitativa e i tempi sono tipicamente teatrali. I ruoli interpretati dai due attori, del resto, sono quelli del protagonista e dell’antagonista- spalla (Castellani fu «spalla» fedele di Totò sin dai primi anni Trenta, nella rivista). E la comicità si gioca sul classico rapporto carnefice-vittima: lo scompartimento del vagone letto diventa una sorta di prigione (o di luogo di tortura per l’altolocato passeggero) da cui non è possibile fuggire, dove tuttavia timori e difficoltà pratiche sono destinati a farne emergere solo le conseguenze comico-caricaturali.

Il treno come dispositivo scenico, che Keaton aveva esaltato nella sua dimensione globale e, soprattutto, fisica (vedi The General) , diventa con Totò a colori l’occasione per evidenziare le risorse comiche messe a disposizione dagli spazi interni al treno stesso.

Disagio, preoccupazione e diffidenza sono gli stati d’animo da cui si producono le azioni e le reazioni dei due personaggi. «Mi dà fastidio dormire con persone che non conosco», dichiara subito l’onorevole Trombetta poco prima dell’entrata in scena del chiassoso e imbarazzante Totò-Scannagatta, già in preda a un inquietante stato di agitazione (ne sono prova le sue urlate invocazioni: «Macchinista! Fuochista! Ferrovieri! Affini!»).

Chiarito che quel secondo posto nello scompartimento era proprio di quello strano personaggio che si qualifica come “un viaggiatore in borghese”, inizia il confronto e, con esso, le risate del pubblico. La conflittualità che sorge tra i due personaggi (ma forse sarebbe più corretto parlare dell’aggressione perpetrata da Scannagatta ai danni di Trombetta), lievita ulteriormente con l’ingresso in scena della donna (Isa Barzizza) che, fingendo di essere inseguita da un uomo violento, chiede di essere accolta nello scompartimento.

L’evoluzione narrativa della storia su toni giallo-rosa (salvataggio di una donna in pericolo, successive galanterie e accenni di voyeurismo sembrano consentire una simile classificazione) poco aggiunge in termini di trovate comiche al complesso della storia, sino a questo punto tratteggiata in termini farseschi. Ma il compito fondamentale affidato all’affascinante viaggiatrice è quello di preparare il paradossale epilogo dell’intero episodio, nel quale Trombetta viene consacrato definitivamente vittima della sorte e del suo indesiderato compagno di viaggio.

In Totò a colori – e nella scena girata in treno, in particolare – sono pronunciate molte delle celebri battute del grande comico italiano («parli come badi», «ho fatto tre anni di militare a Cuneo», «ma mi faccia il piacere», «ogni limite ha una pazienza»). L’ilarità che queste frasi suscitano è senza dubbio intimamente connessa alla maschera di Totò: la particolarità dell’ambiente, tuttavia, diventa qui molto solidale con il talento linguistico del Principe e con il ritmo delle gag, offrendosi al pubblico come ideale e privilegiato palcoscenico per tanta comicità. Come a volte accade, in fondo, nei veri viaggi in treno: anche nella realtà viaggiano infatti molti Scannagatta. E magari ne è capitato qualcuno anche a voi.

 

Totò a colori (Italia, 1952)

Regia: Steno (Stefano Vanzina)

Soggetto: Steno

Sceneggiatura: Steno, Mario Monicelli, Age, Scarpelli, Totò

Fotografia: Tonino Delli Colli

Montaggio: M. Bonotti

Musica: M. Montagnini

Interpreti: Totò, Isa Barzizza, Mario Castellani, Virgilio Riento, Luigi Pavese, Rocco D’Assunta, Franca Valeri, Carlo Mazzarella, Fulvia Franco, Galeazzo Benti, Vittorio Caprioli, Alberto Bonucci, Lilly Cerasoli, Paolo Ferrari

Produzione: Dino De Laurentis, Carlo Ponti per Golden-Humanitas

Colore

Durata: 98’

 

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Roberto Scanarotti, giornalista e scrittore, ha pubblicato Treno e cinema. Percorsi paralleli (Le Mani editore, 1997), Aghi, Macachi e Marmotte – Dizionario semiserio per viaggiare in treno (ecedizioni, 2009), Destinazione immaginario – Andata e ritorno nell’universo simbolico della ferrovia (ilmiolibro.it, 2012) e Ultra vendeva noccioline (2013). Treno e cinema sono amici da sempre. Per l’esattezza dal 28 dicembre 1895, quando i fratelli Lumière – a loro insaputa – firmarono l’atto di nascita della settima arte portando in scena proprio un’inquietante locomotiva con alcune carrozze al traino. Da quel momento in poi, dopo letterati, poeti e pittori, anche i cineasti furono attratti dal fascino della ferrovia, e non ci volle molto tempo prima che il treno diventasse un celebrato protagonista degli schermi. Roberto Scanarotti svelerà miti e riti della ferrovia su celluloide, attraverso una serie di segnalazioni focalizzate su rail-movie e dintorni.  Buon viaggio sui binari dell’immaginazione, dunque, anche ai pendolari che viaggiano ogni giorno su quelli reali e sono quindi poco sensibili alle suggestioni poetiche del mondo dei treni. Ma tant’è: parafrasando Bogart, bisogna pur ricordarsi che “è la ferrovia bellezza, e tu non ci puoi fare niente!”.