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Foto – Divertente e originale: così il poeta Giorgio Caproni insegnava alle elementari di Arenzano

Fabia Binci, presidentessa Unitre Arenzano e Cogoleto, in questo testo dona un ritratto originale del grande poeta Giorgio Caproni, che ha insegnato ad Arenzano come maestro della scuola elementare. Divertente, frizzante, simpatico e rivoluzionario per l’epoca: ecco come faceva a insegnare (divertendo) ai piccoli arenzanesi.

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Giorgio Caproni, poeta e maestro ad Arenzano

Un fil rouge d’intensa poesia e calore umano unisce Arenzano a Giorgio Caproni, di cui il 7 gennaio  abbiamo ricordato l’anniversario della nascita, avvenuta a Livorno nel 1912.

Caproni viene considerato oggi il più grande poeta della seconda metà del 900. Anzi, come Montale e Luzi, un grande poeta del 900 tout court. E, ancora di più, scrittore europeo sia per l’interesse che coltivò verso autori di lingua francese e spagnola (tradusse Baudelaire, Maupassant, Proust, Céline, Genet, Frénaud, Apollinaire, Char, Lorca…) sia per l’attenzione che la sua opera riscuote presso la critica europea dei giorni nostri.

A Genova, dove la famiglia si è trasferita nel 1922 ha scoperto la poesia ed è stato subito innamoramento fulmineo, tanto grande da fargli abbandonare l’idea di diventare musicista (studia violino all’istituto musicale “G. Verdi”), anche se di tanto in tanto suona nell’orchestrina di un dopolavoro; riprende a suonare il violino soltanto nel 69, sostituendolo negli ultimi tempi con un harmonium che richiede meno sforzo fisico.

Giorgio Caproni è anche un grande maestro. Nel 35-36 comincia la sua attività di insegnante a Rovegno, poi nel 1936-37 insegna nelle classi V e VI della scuola elementare del Circolo Didattico di Arenzano, a Terralba.

Nessuna poesia è dedicata esplicitamente ad Arenzano ma la seconda raccolta di poesie, Ballo a Fontanigorda (1935-37), contiene molti testi ispirati al lido e al mare, come Questo odore marino ed erano proprio gli anni in cui il giovane maestro viveva tra noi.

Arenzano onora il suo Poeta e Maestro. Già nel ’95 ha ospitato una conferenza di Francesco Macciò su Caproni, a cura dell’Unitre, e nel 2000 un convegno organizzato da Giorgio Devoto. Negli ultimi anni, poi, ha intensificato le manifestazioni dedicate al suo Maestro e Poeta, alle quali hanno aderito anche i figli, Attilio e Silvana, ed è stata coinvolta tutta la comunità, a partire dagli alunni della scuola elementare. A questi eventi hanno partecipato anche alcuni dei suoi alunni di un tempo, ai quali ha lasciato un ricordo luminoso e indelebile.

Tra le tante manifestazioni, mi piace ricordare quelle del 22 gennaio del 2010 (giorno esatto della morte del poeta, avvenuta venti anni prima) e del 23 gennaio, come il ricordo del poeta al Cinema Italia sullo scenario di una ipotetica scuola elementare degli anni 30 e l’intitolazione (Giorgio Caproni Poeta e Maestro) della via, che costeggia il Muvita, all’epoca sede della scuola elementare dove insegnava e dell’Auditorium (Giorgio Caproni Maestro e Poeta, con significativa inversione dei titoli).

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Gli originali metodi di insegnamento di Giorgio Caproni

Gli piace insegnare (“È un po’ come dirigere un’orchestra”), ma è un maestro attento soprattutto ad imparare (“Andrò a scuola anche quando sarò al cimitero, senza avere ancora finito le elementari”).

Caproni è molto amato dai suoi scolari perché usa metodi curiosi di insegnamento (in realtà di una didattica rivoluzionaria per i tempi); non fa che piagnucolare e farsi commiserare. I bambini entrano in clas­se e si trovano già seduto in cattedra un maestro teso e preoccu­pato che subito chiede aiuto.

Racconta Vincenzo Cerami in un articolo su Repubblica del 1990:

Diceva: «Ragazzi, sono rovinato! Oggi dobbiamo studiare le campagne di Napoleone e non mi sono preparato abbastanza. Se lo sa il direttore scolastico mi licenzia. Come si fa?»

I bambini, impietositi dal furbo maestro, lo tranquillizzavano e gli rispondevano: «Non preoccuparti, maestro, ti aiutiamo noi a studiare Napoleone. Ti leggiamo il capitolo a voce alta così se entra il direttore vede che tu sei preparato e non ti licenzia».

Un’altra volta i bambini, entran­do in classe, lo vedono tutto indaffarato e preoccupato mentre misura con il metro i lati della lavagna: «Lasciatemi in pace, bambi­ni, perché ho un diavolo per capello, (…) il direttore vuole sapere qual è la superficie della nostra lavagna e non mi ricordo come si fa a calcolarla… ». (…) Qualcuno grida «Base per altezza!» E Caproni chiede: «Perché?» Quel perché crea lo scompiglio tra i bambini. (…); Ne venne fuori una bella discussione…”

Sulla “Rivista della Scuola” del luglio 1986 compare un’intervista in cui si chiede al maestro Caproni come si dovrebbe spiegare ad un bambino la differenza tra linguaggio pratico e linguaggio poetico; il poeta risponde: “Con l’esempio della tromba e del flauto. Il bambino non sopporta elucubrazioni dotte”.

 

Un maestro straordinario, che insegna le divisioni con filastrocche, racconta storie incredibili, incoraggia a scrivere di emozioni e sentimenti, ma anche a guardarsi intorno con lucida attenzione.

È quasi un fratello maggiore per i suoi alunni, sempre affettuoso e pronto a valorizzare le loro doti. Chi termina per primo un problema o una composizione d’italiano, viene manda­to dal maestro a comperare un quotidiano e i canestrelli. Con essi premia il primo e l’ultimo degli scolari, perché ai suoi occhi hanno lo stesso merito, purché tutti si impegnino a migliorare. Aiuta tutti, soprattutto chi è in difficoltà, e frena con fastidio gli esibizionismi. Si intrattiene spesso con i ragazzi anche dopo l’orario scolastico, e non è contento finché tutti non hanno capito.

È un grande maestro perché cerca di catturare l’attenzione e la complicità dei suoi alunni, mettendosi in gioco con tutto se stesso al loro livello. Caproni ama i trenini e può capitare che un trenino Rivarossi diventi il fulcro di una lezione.

È sempre di un’allegria contagiosa, fa studiare le poesie a memoria, ma ai suoi alunni non dice mai di essere un poeta.

Spesso va anche a pescare con i suoi alunni, per essere loro vicino e seguirli meglio.

Sono tempi difficili, siamo in pieno regime, ma il maestro non vuole il saluto fascista, né che scattino sull’attenti, ma non dimentica mai di far dire le preghiere.

I genitori aspettano i ragazzi per sapere quello che succede nel mondo, perché il maestro legge il giornale in classe e spiega gli andamenti della guerra in Abissinia.

Caproni resta in cattedra per gli ultimi, anche quando arriva il successo letterario.

«Mi sono accorto quanto poco siamo stimati noi maestri elementari, proprio grazie ai miei … successi letterari. L’Europeo in prima fila s’è chiesto come mai io, nonostante tutto, faccio il maestro di scuola. Come se fare il “maestrino di scuola” fosse un “mestieruccio” o comunque fosse più facile che “fare” il poeta. Di chi la colpa? Ma anche questo è un segno della frattura esistente tra scuola elementare e società»

(M. Bacigalupi P. Fossati, Giorgio Caproni Maestro, p.70)

 

Oggi la scuola elementare ha altri problemi con cui gli insegnanti devono confrontarsi, consapevoli che la scuola è la ricchezza soprattutto di coloro che non possiedono nulla, e non mi riferisco ai soli beni materiali.

I nostri alunni conoscono le poesie di Caproni, le abbiamo proposte spesso nei laboratori di poesia. Vi sono versi che fanno riflettere, perché anche oggi fa freddo nella storia, come questi:

 

Fa freddo nella storia.

Voglio andarmene. Dove

anch’io, col mio fucile scarico,

possa gridare: “Viktoria!”.

Da Proposito

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Fabia Binci

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Fotogallery (grazie a Fabia Binci per la gentile concessione):